Confraternita |
|
Le origini
Sorte alla fine del Quattrocento le confraternite sono associazioni spontanee di persone per lo più laiche che si uniscono, sotto la guida di regole precise, per condurre in comune la loro vita
religiosa.
Esse furono coinvolte in molteplici attività, quali l’organizzazione di scuole domenicali e funerali, gestione di ospedali e orfanotrofi, patrocinio di arti e musica, asilo e anche persecuzione degli eretici,
costituzione di doti a nubili non abbienti, accompagnamento al patibolo dei condannati. Già nel corso del XIII secolo si svilupparono movimenti laici che predicarono la penitenza e la conversione. Questi erano
chiamati, a seconda dei casi, Flagellanti, Disciplinati], Battuti, per il loro uso di privarsi delle vesti e di flagellarsi nelle pubbliche vie per dimostrare che ci si doveva mortificare per espiare i peccati
e raggiungere la salvezza.
Un nuovo impulso allo sviluppo delle Confraternite venne dal Giubileo del 1400, indetto da Bonifacio IX, quando il cosiddetto movimento laicale dei Bianchi, uomini e donne in cappa bianca, con il volto
incappucciato, provenienti dalla Provenza, attraversò la nostra penisola diretto a Roma in pellegrinaggio.
Gli annali dell’epoca dedicano ampio spazio al passaggio dei Bianchi e registrano la guarigione di uno zoppo, la liberazione di una schiava o il caso del bambino che dopo tre ore in cui giaceva come morto
ritornò alla vita. Sorsero numerose compagnie o confraternite di disciplinati, permettendo così alla Chiesa di essere presente in tutti gli ambienti, costituendo un vero e proprio tessuto connettivo di
fronte al quale l'eresia non aveva la possibilità di attecchire.
Spesso i confratelli appartenevano ad una stessa classe sociale o svolgevano lo stesso mestiere; per questo le Confraternite cominciano ad assumere il ruolo di "Arti" che fornivano un appoggio sociale. Con
il passare del tempo, i disciplinati diventano più moderati nei comportamenti e nel vestire e le Confraternite cominciano ad essere intitolate ai Santi.
Nell’Alto Medioevo, in ambito cittadino, le confraternite si differenziano per ceti sociali e per le attività di assistenza ai malati, ai moribondi, di onoranze ai morti. Dopo aver cercato appoggio e
protezione della Chiesa, con il XV secolo le Confraternite tentano di affrancarsi da questa, rivendicando una loro autonomia. Nel corso di un secolo esse acquistano un peso consistente all’interno delle
comunità, sino a trasformarsi in veri e propri centri di potere svincolati dalla giurisdizione ecclesiastica. Divenute economicamente autosufficienti, le confraternite più ricche costruirono sedi proprie, gli
Oratori e alle Confraternite titolari si aggregano nello stesso Oratorio altri gruppi che costituiranno le cosiddette Casacce.
Alle varie attività le confraternite facevano fronte con le quote dei loro membri, con offerte di privati, con lasciti loro pervenuti, con il reddito di beni immobili di proprietà, rivestendo anche un
importante ruolo sociale, intervenendo in questioni più terrene ed immanenti, come la loro funzione di “società di mutuo soccorso” ante litteram. La Confraternita aveva inoltre un’altra importante funzione
sociale: occuparsi della sepoltura dei morti.
Oggi questa può sembrare cosa di poco conto, ma, in passato, il problema era di notevole importanza ogni volta che si verificava una epidemia o una carestia, quando era veramente necessaria una organizzazione
che si facesse carico delle relative incombenze. Va infine rilevato come il moltiplicarsi delle intitolazioni delle confraternite al Suffragio, agli Agonizzanti, alle Anime del Purgatorio mette in rilievo gli
aspetti più barocchi della religiosità del Seicento.
In queste realtà, l’intera popolazione di solito faceva capo ad un’unica confraternita, intitolata spesso al Santissimo Sacramento e localizzata nella chiesa principale, a cui si aggiungeva una confraternita mariana nella versione legata alla recita del Rosario. In questo modo si realizzava una ripartizione maschile, che rivendica a sé la gestione dei beni ecclesiastici, e dall’altro canto veniva offerto uno sbocco istituzionale alla religiosità femminile. Peraltro alle donne, che avevano opportunità rarissima di rilievo sociale, venivano vietate le cariche istituzionali. Successivamente questa specie di divieto decadde e vennero a costituirsi anche confraternite di sole donne.
Di altra natura e con carattere quasi esclusivamente devozionale erano le Confraternite del Carmine, fondate dai frati Carmelitani, quelle della cintura, promosse da gli Eremitani di Sant’Agostino, quelle del
Rosario, diffuse dai Domenicani, in particolare quelle del Santissimo Sacramento, che, già presenti nel ‘400, ebbero particolare incremento dopo che Paolo III le arricchì di particolari privilegi e
indulgenze.
Con l’applicazione delle norme del Concilio di Trento (1545-1563) ed il mutato atteggiamento nei confronti della cultura penitenziale, il contenuto più spirituale della flagellazione veniva esaurendosi e si
apriva un vuoto devozionale. I pubblici flagellamenti, ormai circoscritti ai riti della Settimana Santa, andarono scemando sino ad esaurirsi quasi intorno alla fine dell’Ottocento. I nuovi concetti religiosi
furono la catechesi e il suffragio per le anime del purgatorio. Il Concilio riaffermò la dipendenza delle Confraternite dai vescovi per quanto attiene alla parte spirituale e ribadì lo Jus Visitando
Hospitalia dell’autorità diocesana; ordinò che la consegna del rendiconto dagli ufficiali vecchi ai nuovi avvenisse alla presenza del parroco evitando così certe manifestazioni considerate fonti di possibili
deviazioni e dissipazioni quali i pranzi sociali negli oratori e le rappresentazioni teatrali all’interno di essi. Molto spazio venne dedicato alle processioni, dettando norme per la partecipazione, resa
obbligatoria per tutte quelle indette dall’autorità diocesana.
Con la metà del Quattrocento le confraternite avvertono gli influssi delle nuove correnti spirituali all’interno del mondo cattolico e, come attestano le riforme degli statuti di quel periodo, appaiono più
impegnate nel campo dell’educazione e della formazione religiosa e dell’assistenza ai bisognosi. Dopo il Concilio di Trento saranno numerosi i vescovi che sollecitano la creazione della Confraternita della
Dottrina cristiana per arginare la diffusione delle dottrine protestanti e di quella del Santissimo Sacramento per allargare la devozione eucaristica.
Quasi nello stesso periodo post-conciliare si avvia un processo più deciso di disciplina dei modelli della devozione e della pratica assistenziale delle confraternite attraverso la creazione a Roma delle
arciconfraternite, organismi dotati di ampi privilegi e di numerose indulgenze. Ad esse saranno sollecitate ad aggregarsi tutte le confraternite presenti nelle diocesi e conseguentemente si impose localmente
il modello di vita devozionale mutuato da Roma.
Ne discese quindi la possibilità per ogni confraternita di essere dotata di ampi privilegi e di numerose indulgenze da parte dei pontefici e di poterle trasferire ad altre analoghe associazioni devote, grazie
al meccanismo dell’aggregazione. Clemente VIII (1592-1605) dispose che per ottenere l’aggregazione si presentassero gli statuti e una lettera del vescovo attestante l’erezione canonica; venne stabilito
inoltre che non potesse aggregarsi alla stessa Arciconfraternita più di una Confraternita per luogo.
L’aggregazione delle confraternite italiane, alle omologhe arciconfraternite romane, ha una viva impennata con l’assimilazione nella intitolazione stessa, nell’adeguamento delle norme statutarie e, persino,
negli specifici orientamenti devozionali. Massima aspirazione fu la possibilità di aggregazione a qualche arciconfraternita di Roma, perché i loro membri potessero lucrare le numerose indulgenze concesse da
vari pontefici. Ulteriore indizio di una trasformazione dei referenti per la pietà religiosa dei laici nel Seicento è il graduale affiancarsi al cumulo dei privilegi indulgenziali, il corposo accumulo di
reliquie di ogni genere, di cui ci è lasciata traccia negli inventari delle confraternite.
Nel corso del XVI secolo, anche in seguito alla vittoria della lega Santa nella battaglia di Lepanto contro i turchi (1571), associata, secondo Pio V all’intercessione della Vergine, si diffusero le
Confraternite Mariane. Nelle confraternite si riflettono gli influssi delle nuove correnti spirituali a cominciare dalla modificazione dalla innovazione della recita del Rosario. La recita del Rosario, non
più in formi individuale, costituisce senza dubbio l’unica devozione comune che la Controriforma abbia elaborato a livello di pietà popolare.
I domenicani sono tra i maggiori sostenitori di questa pratica devozionale che raggiunge una diffusione di massa tanto da arrivare alla costituzione di vere e proprie confraternite del Rosario. Inoltre, in
questi decenni si rievoca la passione di Cristo in maniera del tutto realistica ed in forma quasi teatrale.
Nei secoli XVI e XVII, affievolitosi lo spirito dei flagellanti, le confraternite accentuano lo spirito più prettamente liturgico e, con il passare del tempo acquistano anche una certa autonomia economica, ed
a volte anche una certa prosperità attraverso lasciti e donazioni restando profondamente radicate nel territorio o nel quartiere, dando così vita al nascere di rivalità, antagonismi e campanilismi. Esempio di
questa competitività si esprime anche con i crocifissi processionali, sempre più grandi e maestosi, soprattutto in Liguria e nelle diocesi limitrofe, tale che in certi momenti le Autorità competenti cercarono
di mettere freno a certi sfarzi.
Una particolare usanza ligure merita a questo proposito una segnalazione: quella di portare l’immagine di Cristo rivolta all’indietro. Sembra che questo risalga ad un privilegio concesso ai genovesi come
premio al valore dimostrato nella liberazione del Santo Sepolcro. La storia racconta che i Genovesi entrarono per primi in Gerusalemme, guidati dal loro comandante Guglielmo Embriaco “Testa di Maglio”; pare
infatti che i crociati di Genova portassero in battaglia il crocifisso rivolto all’indietro, in modo che gli infedeli non potessero vederne il volto.
Un’altra versione, invece, racconta che il privilegio di portare il Cristo rivolto verso il portatore risalga alla battaglia di Lepanto. I genovesi, guidati da Giovanni Andrea Doria, che combattevano con il
Cristo innalzato come vessillo, vedendo avanzare i Turchi, voltarono dalla propria parte l’immagine di Cristo, per attingere coraggio ed ottenere la di Lui benedizione e perché i Turchi non erano degni di
guardarlo. In memoria di questo fatto, il Papa concesse ai Genovesi che nelle processioni tenessero l’immagine del Cristo voltata verso colui che lo portava.
La tradizione, come spesso accade, tuttavia si ricollegava con la praticità; infatti i pesanti e maestosi crocifissi, risultavano impossibili da portare, per evidenti problemi di equilibrio, rivolti in avanti
e quindi il privilegio genovese venne utilizzato anche da altre confraternite non genovesi.
Durante i primi anni del 600 proseguì il tentativo dell’autorità vescovile di tenere sotto controllo le Confraternite e non poche di esse acconsentirono alla revisione dei loro statuti. Con la bolla
Quaecumque di Clemente VIII del 7 dicembre 1604 si escludeva l’iniziativa laica delle nuove aggregazioni.
La proliferazione di confraternite mariane e di altre dalle titolazioni e finalità più diverse, appare anzi come il segno più sicuro della inefficace presenza dell’ordinamento parrocchiale ai fini di una più
generalizzata attuazione della riforma tridentina. Alla fine del secolo XVIII le Confraternite trovarono tuttavia come avversari i principi riformatori del tempo e ne fu inceppata l’attività di beneficenza,
usurpandone il patrimonio a vantaggio dello Stato.
Con il Settecento diventa realtà l’instaurazione di un organico e disciplinato ordinamento basato sulla centralità della parrocchia. Parallelamente si registra un progressivo indebolimento delle confraternite
che ha tra le sue cause l’ingresso sempre più significativo dei poteri pubblici nel campo dell’assistenza e dell’istruzione, l’erosione delle proprietà che assicuravano alle confraternite rendite consistenti,
l’attenuarsi dell’impulso associativo per fini devozionali.
Quando la struttura parrocchiale dominante e l’organizzazione pastorale della chiesa a seguito dell’’attuazione del Concilio di Trento si completa, interviene il turbine della politica riformatrice degli
Stati. Quest’ultima unita all’esperienza rivoluzionaria ed egemonia francese sull’Europa nel primo decennio dell’Ottocento contribuisce a mutare radicalmente anche il volto e le funzioni delle
confraternite.
Queste, quando troveranno le forze per rinascere nell’età della Restaurazione, saranno istituzioni totalmente subordinate alla parrocchia, con compiti limitati in ambito devozionale e con un seguito tra la
popolazione dei fedeli sempre meno significativo. I provvedimenti dei primi governi rivoluzionari, come quello della rinata Repubblica Romana del 18 giugno 1798 che soppresse tutte le confraternite
destinandone i beni all’amministrazione ospedaliera, non fecero altro che estendere l’area di applicazione nel restituire i beni delle confraternite a favore della società civile.
Il decreto napoleonico del 26 maggio 1807 non estese la normativa repressiva in maniera uniforme per tutto il territorio italiano, ma lasciò sussistere solo le confraternite del Santissimo Sacramento
assoggettandole in ogni caso ad uno stretto controllo da parte dei parroci. Si rendeva definitivo in questo modo un accentramento della dinamica delle istituzioni ecclesiastiche sottoposte alle parrocchie,
come era negli intenti del riformismo religioso del Settecento.
Questa politica ecclesiastica non venne peraltro contraddetta negli stati italiani durante la Restaurazione. Solo al centro della penisola, nel cuore dello Stato Pontificio, i provvedimenti napoleonici
assunsero il carattere di una perturbazione limitata nel tempo, cui seguì una rapida e pressoché integrale ricostituzione di confraternite, anche in virtù di una nuova ondata di missioni popolari che ne
percorse le campagne a spazzare via ogni minima traccia del passaggio degli eserciti francesi.
Per quanto concerne lo Stato Italiano, uno dei primi atti legislativi fu la legge del 3 agosto 1862 n° 753, che distinse le Confraternite aventi scopo esclusivo o prevalente di culto da quelle aventi scopo
esclusivo o prevalente di beneficenza; queste ultime vennero assoggettate alla tutela dell’autorità governativa analogamente alle opere pie. Se la legge del 15 agosto 1867 n° 3848, sulla soppressione degli
enti ecclesiastici, esentò le Confraternite in quanto considerate enti laicali, la successiva[16] legge 17 luglio 1890 n° 6972 dispose la trasformazione delle Confraternite aventi scopo esclusivo di culti in
enti di beneficenza e ne confiscò i beni produttivi di reddito, lasciando loro soltanto quelli improduttivi come chiese ed oratori.
Il Regio Decreto n° 1276 del 28 giugno 1934 conferiva poi la Personalità Giuridica alle Confraternite, sancita poi sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n° 187 del 10 agosto 1934.